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martedì 17 febbraio 2015

Recensione: "La sposa vermiglia" - Tea Ranno

SINOSSI (da qlibri): Vincenzina Sparviero, ultimogenita, è destinata al convento. Quando, improvvisamente, l'amatissima sorella muore, è per Vincenzina il compimento di un sogno - ora sarà lei a potersi sposare - e il precipitare nell'abisso del senso di colpa. Da quel giorno Vincenzina giura a se stessa che non chiederà mai più niente per sé. In breve tempo il matrimonio tra la palombella mansueta e il facoltoso don Ottavio Licata, fascista, mafioso e trent'anni più vecchio di lei, è combinato. Vincenzina accetta con coraggio e incoscienza la decisione paterna, ma non ha fatto i conti con l'amore, incontrato negli occhi del giovane Filippo Gonzales. Lungo la china inesorabile che conduce al matrimonio annunciato, la colombella si tramuta senza quasi saperlo in una sparviera coraggiosa e libera.





Di Tea Ranno avevo già letto, a ottobre, Viola Foscàri, recensito su Leggere a Colori.
Arrivata all'ultima pagina di quel romanzo, che è tra i dieci più amati del 2014, mi ero ripromessa di leggere qualcos'altro dell'autrice di Melilli per approfondire la sua opera.
Spinta da diverse amiche lettrici ho scelto La sposa vermiglia, che ho divorato in poco più di una settimana.

Prima di sedermi a scrivere queste righe, ho fatto un rapido giro in rete per capire come i due romanzi fossero stati accolti dai lettori, e ho notato come per moltissimi La sposa vermiglia sia superiore a Viola Foscàri. Siccome se non mi distinguo non sono contenta, vi dico subito che per quanto La sposa mi sia piaciuto, e mi abbia dato gioia rifugiarmi nella scrittura dell'autrice, non l'ho amato come Viola Foscàri, che per tanti motivi mi è entrato nel cuore.

La protagonista de La sposa, Vincenzina Sparviero, è realmente esistita: Tea Ranno parte da un dato storico, da una vicenda realmente accaduta per costruire il suo romanzo, che con la verità storica ha poco in comune.
Ho come il sentore che il dato storico fosse più semplice, più esile, celebrato dai ricordi dei compaesani di Vincenzina ma privo della poesia, dello struggimento che circonda la protagonista del romanzo.

Come in tutte le tragedie che si rispettino, qui non conta il finale della storia, che capiamo fin dalle prime pagine: l'importante è come la storia viene raccontata, come si sviluppano i personaggi, quali emozioni prova Vincenzina nella sua velocissima crescita personale.

Vincenzina giura, sul cadavere della sorella, di ubbidire per sempre alla volontà dei genitori: ed è per questo che accetta il fidanzamento con Ottavio Licata, molto più vecchio di lei, dedito alla cocaina, alle prostitute e fascista. China la testa e subisce, confidandosi solo parzialmente con la cugina Gioconda, che fino all'ultimo tenterà tutto il possibile per impedire il matrimonio.
Quando Vincenzina incontra Filippo Gonzales, comincerà ad affidare i suoi pensieri a un taccuino, e soprattutto inizierà a rifugiarsi sempre più spesso in una realtà parallela, nella quale si incontra con l'amato in una casetta nel bosco. E sempre che questo le possa bastare per essere felice: la fuga dell'anima, mentre la sua persona rimane sulla terra ad eseguire il volere dei genitori.
è solo quando capisce che il suo amore per Filippo è ricambiato che avviene la metamorfosi completa, che Vincenzina rinuncia al giuramento e cerca una strategia per vivere quell'amore, per salvarsi la vita.  E si fa più forte, nelle ultime pagine, lette quasi di corsa, la nostra pena per lei, perché sappiamo come si concluderà la sua storia.

Nel romanzo si alternano diversi piani temporali: stiamo leggendo la storia di Vincenzina, siamo nel 1926, ed ecco che l'autrice ci trasporta più avanti di qualche mese, dopo quel nefasto matrimonio, quasi a volerci ricordare quale destino attente la giovane sposa. Ma Tea Ranno ci porta ancora più in là: vedremo come si evolverà la storia di Gioconda, e arriveremo quasi fino al presente, alle ricerche da lei condotte sulla storia della sposa vermiglia.

In Viola Foscàri c'era un personaggio principale forte, che potevamo osservare da più angolazioni, fino a farlo completamente nostro. Anche Viola Foscàri era una storia corale, con tanti personaggi, ma qui ho visto soprattutto la storia di una particolare società in un determinato periodo storico.
Vincenzina è un personaggio particolare, che acquista forza e carattere soprattutto alla fine: forse è per questo che ho letto La sposa vermiglia come un affresco storico, all'interno del quale rientrano la denuncia verso un modo di pensare che già nel 1926 avrebbe dovuto, forse, appartenere al passato, e il ritratto di una società diversa, che non c'è più, all'interno della quale è forte l'importanza del rispetto delle convenienze, delle apparenze. Rispetto che non chiude la porta a relazioni di amicizia solide come marmo: ho invidiato, durante la lettura, l'affetto tra Gioconda e Vincenzina, e mi hanno commossa le ultime pagine, quando la fanciulla riceve tanta solidarietà.
I personaggi sono tanti, eppure sono tutti straordinariamente veri, dotati di carattere, spessore psicologico: non c'è macchiettismo, nemmeno quando sono funzionali a rappresentare una "categoria" sociale - umana.

E poi, c'è la Sicilia. E forse questo sarebbe il primo punto da affrontare. Ma mi mancano le parole, perché di fronte all'affetto con cui l'autrice descrive i luoghi della sua infanzia, con quei toni così evocativi, così pieni di vita, di colore, di profumi, mi sembra ci sia davvero poco da dire. Il fatto di aver appena concluso la lettura di Nove Periodico di Federico Li Calzi contribuisce ad accentuare in me questa fascinazione. Prima o poi dovrò andarci, in Sicilia.

Raramente mi allontano, ormai, dalla letteratura classica, e quando lo faccio rimango quasi sempre delusa. Perché quando leggo ho bisogno di pensare, di ritrovare le mie emozioni in quelle dei personaggi, di essere cullata dal suono delle parole.
Quest'ultima cosa succede soprattutto quando si leggono romanzi italiani, non toccati da una traduzione: ecco, per me leggere Tea Ranno è esattamente questo. E' farmi cullare dalle parole dell'autrice, dal suo stile personalissimo, dalla sua penna elegante e raffinata, dal suo tono autentico, vivo, mai lezioso.



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